Tommaso Didimo e la celebrazione della materia
a cura di Tiziana Todi / testo critico di Robertomaria Siena
(12- 16 marzo 2009 - Galleria Vittoria. Roma)
Sull’informale si incentra la presentazione di Robertomaria Siena e all’informale Siena relaziona, liberandola tuttavia da ogni dipendenza, la pittura (tecniche miste: oli e smalti) di Tommaso Didimo. E, sì. Le tele di questo giovane artista richiamano l’informale o rimandano a questa pittura per la apparentemente imprevedibile distribuzione del colore, per un vago sentore di a
ction painting, in cui le pennellate sembrano gettiti diretti sulla tela, colati o intersecati, talora “uscenti” dal quadro stesso a formare altri intrichi.
Ma la tela subito si ricompone e si fondono l’elemento “cosciente “ e quello “incosciente” come avviene in sogno (Tiziana Todi). La sfuggenza, così come la casualità nel processo creativo, viene smentita nel momento in cui si ravvisano, d’acchito, sotto la prima superficie (ossia sotto lo sguardo prima atteso alla superficie) la figura, le figure. Che vanno a delineare una sorta di conflittualità, duplice, per il loro rivelarsi e per il loro titolo: Minosse (2007), Leviatano (2008), Afrodite (2008), Dioniso (2008), La fucina di Vulcano (2008), L’eroe immaginale (2007, Narciso (2008).

Il contrasto, giocato non di rado, sul colore, si rivela intrigante e produce uno scarto tra l’essere e l’apparire, tra un’evidenza-oggi di indistinzione e un fuori-tempo che tende a riportare da un tempo remoto un senso sempre uguale nel tempo e oltre. Non è un bisticcio di parole: la bellezza (Afrodite), l’ebbrezza (Dioniso), il potere (Minosse), il ferro di Vulcano esistono e si ripropongono ogni volta uguali nella loro dimensione di levità o di perdita, di morte o di sterminio, mentre Narciso, l’eterno Narciso che ci abita (ed abita il mondo a scapito del mondo stesso) non si sa bene se compiangerlo (per la perdita di sé e la sua indifferenza, dunque, che precipita l’intorno) o tesserne le lodi (per la ricerca almeno della salvezza di sé, si fa per dire precipitandosi alla morte, nel marasma dell’esistenza). Che il mito - ossia le profondità della psiche: oscurità e desideri, verità e nascondimenti, ecc. - sia un tema costante di Tommaso Didimo è testimoniato anche dai disegni (bellissimi quelli a china), tra cui Psiche (2008) e Andromaca (2008), in entrambe con una torsione del corpo tale da suggerire dolore o difficoltà o inquietudine o aspirazione a… E altro, se è vero, come è vero, che l’una e l’altra figura, nella sostanza della loro vita, poetica o impalpabile, hanno fibre che vibrano mosse da innumerevoli sentimenti e sensazioni.
Maria Lenti
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